10 noviembre 2003

Primera traducción para III y IV. La corregiremos a final de noviembre
José Rovira

Reseña de Donatella Montalto Cessi



Maria Vittoria Calvi,
DIDATTICA DELLE LINGUE AFFINI; SPAGNOLO E ITALIANO, Milano, Guerini Scientifica, 1995


Per comprendere le ragioni del libro e per capire a chi è indirizzato niente di meglio delle parole dell'autrice: "il presente volume... consiste nel proporre una guida operativa agli insegnanti di spagnolo, che li orienti nei labirinti di una ricerca sempre più specializzata e li aiuti a compiere scelte metodo-logiche rispondenti alle necessità dei discenti italofoni" (p. 10).
La 'Parte Prima' traccia un panorama storico dell'insegnamento dello spagnolo in Italia, preceduto da un sintetico quadro della didattica della lingua straniera nel corso dei secoli. Questo criterio è una costante di tutto il lavoro: in prima istanza si offre un quadro generale, poi si prende in considerazione l'insegnamento della lingua spagnola, infine dello spagnolo per italofoni. Già all'inizio emerge l'idea di fondo del saggio: nella didattica e nell'elaborazione di materiali per l'insegnamento non si deve mai dimenticare la lingua di partenza, si debbono tenere sempre ben presenti i punti di contatto e di contrasto delle due realtà. Riprendere oggi tale argomento, che trova i suoi progenitori negli anni '50 (Weinreich e Lado), dimostra quanto Calvi sia aliena dal seguire le ultime mode glottodidattiche, tutta protesa al reperimento di ogni risorsa che favorisca l'acquisizione della lingua straniera.
La 'Parte Seconda', intitolata Modelli di apprendimento linguistico, che si occupa delle teorie sottese all'insegnamento, presenta le ricerche sull'analisi dell'errore, che, partendo da concezioni opposte a quelle dell'analisi contrastiva, giungevano a sostenere che: "l'ipotesi di identità poteva anche render conto di quegli errori commessi dai discenti che l'AC non era in grado di spiegare, dovuti alle caratteristiche della LS più che a interferenza della LM" (p. 47). Affronta in seguito il modello del transfer e la teoria dell'interlingua fino ai fenomeni di pidginizzazione, confermando la convinzione che l'apprendimento di una lingua straniera non possa avvenire indipendentemente dalla lingua materna (p. 54). Tali affermazioni trovano una conferma negli studi delle scienze cognitive e della neurolinguistica. Dopo queste tappe di avvicinamento, nel capitolo quarto si entra nel vivo della questione con la presentazione quasi provocatoria di una poesia di Joseph Tusiani che, letta prescindendo dalla pronuncia, potrebbe essere stata scritta tanto in italiano quanto in spagnolo (p. 83), per mostrare con una iperbole la vicinanza dei due idiomi. Dopo aver delineato differenze a livello fonologico e lessicale, analogie e contrasti strutturali, convergenze pragmatiche e culturali, conclude che la vicinanza dei due sistemi linguistici se, a un primo livello di apprendimento, aiuta il discente italiano, a livello intermedio e superiore "le affinità presentano risvolti ingannevoli e le differenze strutturali sono superiori al previsto. Parallelamente si fa strada la percezione di una certa alterità culturale, che rafforza il senso di distanza; ma le diversificazioni sono spesso sottili, occulte dietro a facciate di somiglianza" (p. 96).
Con l'avanzare della ricerca si entra nel concreto per quanto si riferisce alla didattica dello spagnolo per italofoni. Nella 'Parte Terza', dove l'impostazione contrastiva si impone, l'autrice con ricchezza bibliografica espone le strategie più adeguate per conseguire risultati soddisfacenti, muovendosi nei tortuosi meandri delle antologie interlinguistiche, si preoccupa di delineare i problemi connessi all'ascolto e alla lettura, alla produzione orale e scritta, allo sviluppo armonico delle diverse abilità.
Questa l'ossatura e il tema centrale in una sintesi che sicuramente non restituisce né la quantità di argomenti svolti, né la vastità delle letture compiute da Calvi, né lo sforzo di proporre, là dove possibile, delle soluzioni ai problemi affrontati. Per rendere solo un po' di giustizia a questa ricerca, che risponde alla reale esigenza di fare il punto sulla didattica dello spagnolo e dello spagnolo per italofoni, che offre molti spunti di riflessione nonché concreti apporti, non rimane che continuare nell'analisi dei temi trattati.
Emerge chiaramente come oggi occuparsi di didattica delle lingue dal punto di vista teorico significhi non ignorare gli studi di scienze quali la psicologia cognitiva, l'etnolinguistica, la neurolinguistica, che per l'autrice è "disciplina di raccordo tra scienze del linguaggio e scienze dell'educazione" (p. 163), mutuando la definizione dal titolo di un saggio di Giovanni Freddi1, definizione che bene rende il livello di complessità raggiunto oggi da questa disciplina, il cui compito primario è "quello di raccogliere gli apporti più disparati e unificarli in una sintesi armonica. Rispetto al passato, oggi sappiamo abbastanza per poter definire con assoluta certezza il metodo per eccellenza, dato che ogni proposta contiene aspetti positivi da non trascurare" (p. 163). In più luoghi del saggio la studiosa si esprime a favore di un approccio eclettico, ribadendo che "la preferenza per il termine 'approccio' riflette soprattutto la volontà di modellare le attività da svolgere in aula a partire dalle richieste dei discenti, e non in modo aprioristico" (p. 165). La scelta dell'eclettismo si va imponendo oggi in opposizione ai sistemi puri che vengono considerati pericolosi per l'implicita possibilità di perdere di vista l'obiettivo finale, vale a dire che l'unico scopo di un sistema non deve essere un impeccabile rigore, ma l'apprendimento della lingua straniera. L'eventuale commistione di metodi dovrà possedere naturalmente una sua coerenza interna.
L'opzione per un approccio complesso2 poggia tanto su basi teoriche (l'analisi e la critica ai metodi del passato e a quelli vigenti), quanto sulla pratica didattica in classe, dove si constata ciò che da maggiori risultati e ciò a cui l'alunno risponde meno. Tale scelta trova un valido supporto nelle scoperte scientifiche sulle attività del cervello. Marcel Danesi nei suoi studi di neurolinguistica ha rilevato che i due emisferi funzionano come un tutto unitario. Si deve dunque progettare un tipo di insegnamento bimodale, che si preoccupi dello sviluppo e dell'integrazione di caratteristiche e abilità linguistiche che vengono elaborate in entrambi gli emisferi.
Nell'approccio complesso alla didattica della lingua entrano anche due componenti fondamentali del metodo tradizionale: la riflessione metalinguistica e la traduzione, alle quali Didattica di lingue affini dedica il capitolo sesto e parte del settimo. Ci si può chiedere perché scomodare tante scienze, tante ricerche di discipline diverse dalla glottodidattica per riproporre la tanto esecrata grammatica e la banale traduzione. La risposta ci viene dal testo: "A differenza del formalismo tradizionale, si sostiene oggi che le conoscenze formali rappresentano un mezzo e non lo scopo finale del processo di insegnamento/apprendimento" (p. 135). Si sostiene cioè che l'aspetto formale della lingua non è il solo di cui ci si deve preoccupare, ma non è trascurandolo che si apprende una lingua straniera. Rispetto al passato, quando la grammatica veniva impartita al discente come una serie di regole da imparare a memoria, oggi si preferisce che l'alunno, attraverso un processo induttivo compia da sé una riflessione metalinguistica a partire dai testi proposti. Anche per l'uso della traduzione a fini didattici si possono fare analoghe considerazioni: "Far tradurre dagli studenti i documenti linguistici presentati, dopo aver fornito informazioni preliminari, è essenziale per verificare la comprensione, e per stimolare riflessioni di tipo induttivo" (p. 169). Anche la traduzione diventa uno fra gli strumenti di apprendimento e non, come avveniva un tempo, "l'unico tipo di esercitazione proposto ai discenti ... a partire da semplici frasette fino a brani letterari più o meno complessi" (p. 169).
Il libro di Vittoria Calvi può essere di grande aiuto per l'elaborazione di nuovi strumenti, non solo perché presenta con lucidità e chiarezza la situazione attuale della didattica dello spagnolo, da suggerimenti di impostazione in senso contrastivo, ma anche perché offre su qualunque argomento una eccellente bibliografia, sempre aggiornata ed esaustiva che può, si condividano o meno le opinioni linguistiche dell'autrice, diventare la base di partenza per un lavoro serio nell'ambito della didattica dello spagnolo.

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